Chi era
Mio papà Imperio Beraldo è nato a Ramon di Loria in provincia di Treviso il 03.01.1935 da una famiglia contadina la cui principale preoccupazione era quella di sfamare i sei figli. Cresciuto in fretta in quegli anni difficili della storia italiana ha iniziato a lavorare all'età di 10 anni come "scaldabrocchette" ossia come addetto a scaldare i rivetti metallici prima della ribattitura per una ditta di lattoneria. Passato poco tempo, grazie alla sua agilità e bravura, veniva promosso ad installatore di pluviali per cui saliva spesso scalzo sui tetti a diversi metri d'altezza senza alcuna sicurezza, come si usava ai tempi. Per qualche tempo fece anche l'aiuto muratore.
Suo padre però voleva fortemente che i figli studiassero per cui lo iscrisse all'istituto tecnico per geometri dove si diplomò. Essendogli rimasta nel cuore la passione per la lavorazione dei metalli si specializzò successivamente come disegnatore meccanico. La sua vita lavorativa di fatto si sviluppò in quel settore, passando da operaio a dirigente di cantieri dedicati alla costruzione/manutenzione di impianti industriali.
In virtù delle sue molteplici esperienze e della sua capacità di "rubare il mestiere" era diventato un riferimento per le ditte per cui ha lavorato dimostrando sempre una marcia in più nella soluzione di problemi. Ricordo molti suoi racconti tra i quali uno di cui andava particolarmente orgoglioso: trovandosi a dirigere un settore di un cantiere in Madagascar di fronte al problema del sollevamento di una ciminiera che aveva bloccato la squadra diretta da un tecnico americano aveva escogitato una sorta di cavalletto che con carrucole e catena aveva scuscitato l'ammirazione di tutti. In altre parole aveva la capacità tutta italiana di fondere le conoscenze con la praticità trovando quella terza via che spesso rallenta molti. Avendo lavorato all'estero per alcuni anni della sua vita non perdeva occasione di manifestare il suo orgoglio di essere italiano.
Nel 1976, dopo aver visto a casa di un suo amico il modello di un veliero, nell'ammirarne la bellezza pur da estraneo al modellismo ma come valente tecnico, aveva già scorto alcuni particolari che non lo soddisfacevano gettando la basi di quella sfida con se stesso che lo ha poi condotto sul tetto del mondo con il suo capolavoro "Il Bucintoro".
Da quella data è stato un crescendo di mondi da esplorare: dalle ricerche documentali, alla scoperta della scultura, allo studio di materiali e tecniche sconosciute, alla realizzazione di macchine a scopo, alla frequentazione del nuovo mondo del modellismo competitivo. Tutto senza mai risparmiarsi. Ricordo agli inizi quando doveva coniugare la passione con gli orari del suo lavoro e mia madre doveva scendere a notte fonda nel suo laboratorio a ricordargli che di lì a poche ore sarebbe dovuto andare in ufficio.
Papà era così. Faceva sempre tutto con passione. I suoi motti, che spesso mi richiamava, erano: "Volere è potere" e "Chi si arrende è perduto". Lui non si è mai arreso ed ha raggiunto tutti i traguardi che si era prefissato. Un infarto fulminante lo ha colto intento nel riparare una porta di casa il 05.11.2011. Questo è stato l'ultimo obiettivo che è riuscito a centrare: morire lavorando.